caso raciti: rilanciata l’ipotesi avanzata un mese fa dalla difesa

L’ipotesi è stata scartata per due volte dal Tribunale che ha rigettato l’istanza di scarcerazione del minore, accusato dell’omicidio dell’ispettore capo, Filippo Raciti. La tesi difensiva si fonda sulla incompatibilità dei tempi che intercorrono tra il ferimento del poliziotto e l’ora della sua morte, corroborata dalla testimonianza di un collega di Raciti. L’agente scelto aveva dichiarato due mesi fa ai magistrati di avere investito l’ispettore capo col suo discovery intorno alle 20,30 quando fuori dallo stadio Massimino si era scatenata la guerriglia. Filippo Raciti accusando il colpo si sarebbe accasciato sull’asfalto. Un violento impatto che per i legali Giuseppe Lipera e Grazia Coco avrebbe determinato lo spappolamento del fegato, circostanza che troverebbe conferma anche dalla relazione del medico legale, secondo cui il colpo mortale sarebbe stato inferto non oltre l’ora e mezza dopo il decesso avvenuto alle 22,15. I filmati che invece inchioderebbero il giovane fermano il tempo alle 19,08 quando l’accusato imbracciando un pezzo di lamiera si sarebbe scagliato contro il poliziotto. Per l’accusa e per i giudici non solo l’ora è compatibile con quella della morte ma hanno ritenuto l’episodio del discovery un “fatto non idoneo a cagionare un trauma così importante, cosi come confermato dall’autopsia”. Per la difesa, invece, il fatto scagionerebbe del tutto il minorenne. A dare una risposta definitiva, si spera, possa essere la perizia dei carabineiri del Ris di Parma che stanno esaminando le eventuali “omogeneità” tra il pezzo del sottolavello, ritenuto l’arma del delitto, e il giubbotto in goretex indossato quella sera dall’ispettore.